Approfondimenti sulle reazioni avverse ai
cibi
Allergie e Intolleranze Alimentari
Le
allergie e le intolleranze alimentari rappresentano un problema
complesso e dibattuto ma attualmente poco conosciuto. Al riguardo esiste
infatti confusione terminologica, concettuale e clinica. La
ipersensibilità al cibo è una comune percezione in più di un quinto
della popolazione generale. Sintomi come mal di
testa, asma, angioedema, orticaria e sintomi intestinali sono
frequentemente attribuiti a reazioni avverse al cibo. A causa della
difficoltà di diagnosi di ipersensibilità agli alimenti, la sua vera
prevalenza è sconosciuta, ma è stata stimata intorno al 5% nella
popolazione generale. La percezione di ipersensibilità al cibo è molto
più alta nella sindrome dell’intestino irritabile, con il 20-65% dei
pazienti che attribuisce i loro sintomi ad una ipersensibilità al cibo.
CLASSIFICAZIONE
Tenuto conto della difficoltà di inquadramento delle reazioni avverse al
cibo, per evitare equivoci nella terminologia mi riferirò al glossario
proposto nel 1995 dal sottocomitato per le reazioni avverse agli
alimenti dell’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology),
il quale ha proposto nella Position Paper Adverse Reactions to Food, una
classificazione delle reazioni patologiche da ingestione di alimenti.
Tale classificazione è basata sui meccanismi patogenetici dell’allergia
e dell’intolleranza alimentare e può essere d’aiuto nella pratica
clinica anche se, soprattutto in questo campo, la variabilità dei quadri
clinici e la difficoltà diagnostica non permettono, a volte, eccessive
semplificazioni.

Innanzitutto bisogna distinguere tra reazioni
avverse al cibo tossiche e non tossiche.
REAZIONI TOSSICHE
Sopraggiungono in qualsiasi individuo esposto ad una dose
sufficientemente alta di cibo contenente sostanze tossiche, come
l’ingestione di funghi velenosi oppure di cibo contaminato da batteri
patogeni che producono eso- endotossine.
REAZIONI NON TOSSICHE
Le reazioni non tossiche invece dipendono dalla suscettibilità
individuale e in base alla classificazione della EAACI task force
possono essere suddivise in reazioni non immunomediate (intolleranza
alimentare) o immunomediate (allergia alimentare o ipersensibilità
alimentare).
Alle intolleranze alimentari appartengono tutte le
forme di reazioni avverse al cibo non immuno-mediate. La causa di
intolleranza potrebbe essere un difetto enzimatico o l’effetto
vaso-attivo di sostanze farmacologiche presenti nel cibo (intolleranze
di tipo enzimatico o farmacologico). Le reazioni non classificabili tra
i meccanismi conosciuti appartengono alle intolleranze al cibo
indefinite o idiopatiche. “Intolleranze al cibo di tipo enzimatico”. E’
una reazione avversa al cibo risultante da un deficit enzimatico del
tratto gastrointestinale. I sintomi si manifestano dopo l’ingestione di
certi cibi. L’intolleranza più comune è quella al lattosio, un
disaccaride composto da glucosio e galattosio; la presenza di una
β-galattosidasi nel piccolo intestino facilita l’idrolisi del lattosio
nei due monosaccaridi che vengono successivamente assorbiti. Il deficit
di tale enzima non permette l’idrolisi del lattosio che, raggiungendo il
colon, viene degradato dalla flora batterica in CO2, H2O e H2. La
fermentazione nel colon causa disturbi come meteorismo, dolore
addominale e a volte diarrea.
“Intolleranze al cibo di tipo farmacologico”. Le
intolleranze farmacologiche al cibo colpiscono soggetti particolarmente
sensibili a sostanze come le amine vasoattive, alcune delle quali
manifestano attività farmacologica. Le amine vasoattive comprendono
dopamina, istamina, noradrenalina, feniletilamina, serotonina e tiramina.
L’istamina è il mediatore chimico delle allergie, per cui si ritiene che
i cibi contenenti elevate quantità di istamina potrebbero provocare
sintomi similari a quelli di una reazione allergica. L’istamina presente
nei cibi deriva dalla degradazione dell’istidina dai microrganismi e può
essere contenuta in elevata quantità nei formaggi stagionati, bevande
alcoliche e cibi fermentati. “Intolleranze idiopatiche”. Vengono
comprese nelle intolleranze alimentari idiopatiche o indefinite tutte
quelle forme in cui eliminando completamente un cibo dall’alimentazione,
si verifica il miglioramento di un sintomo o di una malattia. Il
meccanismo alla base di questo tipo di intolleranza rimane sconosciuto,
probabilmente è legato ad una maggiore suscettibilità in individui
predisposti verso additivi come sulfiti, nitriti, nitrati, glutammato
monosodico e coloranti. Possibili sintomi sono asma, orticaria, prurito,
emicrania.
Allergie alimentari
Il termine allergia alimentare è appropriato solo
nel caso di una reazione avversa al cibo in cui è coinvolto un
meccanismo immune. Questo termine deve essere inteso come un’abnorme
ipereattività immunitaria specifica verso sostanze eterologhe, innocue
per i soggetti normali.
Le allergie possono essere suddivise da un punto di vista patogenetico
in reazioni di ipersensibilità IgE-mediate e non-IgEmediate.
L’incapacità nei bambini di sviluppare tolleranza orale o la perdita nei
soggetti adulti della stessa determina lo sviluppo di ipersensibilità al
cibo. I bambini sono più propensi alle reazioni allergiche a causa
dell’immaturità della barriera mucosale. Si ritiene che l’allattamento
materno sia in grado di ridurre le allergie alimentari promuovendo lo
sviluppo della tolleranza orale, grazie all’intervento di numerosi
fattori: la presenza delle IgA secretorie da una parte e di fattori
solubili dall’altra, favoriscono sia una protezione passiva nei
confronti di proteine esogene e microrganismi patogeni sia una più
precoce maturazione della barriera intestinale e della risposta immune
del bambino.
Allergia alimentare IgE-mediata
Le IgE causano una reazione di ipersensibilità di
tipo I che si caratterizza per l’attivazione rapida, in presenza
dell’allergene, delle mastcellule e dei basofili sensibilizzati. Il
risultato è la comparsa nell’arco di pochi minuti della sintomatologia
allergica che può coinvolgere uno o più organi e apparati fino ad un
interessamento sistemico molto grave, lo shock anafilattico. Tra i
sintomi GI possono comparire la nausea, il vomito, i dolori addominali,
la diarrea, l’edema delle labbra e della lingua. A livello respiratorio
si può riscontrare rinite, asma ed edema della laringe, mentre a
livello cutaneo può comparire orticaria, angioedema, eczema, eritema,
dermatite atopica, prurito, congiuntivite.
I soggetti allergici hanno una spiccata
ipersensibilità di tutte le mucose e tale condizione, definita ATOPIA, è
legata ad una eredità multigenica di alleli, la cui espressione
determina una stimolazione inappropriata della produzione di IgE, che
conduce al danno tessutale tipico delle reazioni di ipersensibilità di
tipo I. La diagnosi di allergia alimentare IgE mediata è generalmente
basata sulla storia clinica e confermata da test cutanei (prick test)
oppure attraverso la ricerca delle IgE specifiche con metodica RAST.
Allergie alimentari non-IgE-mediata
(“volgarmente” chiamate anche intolleranze alimentari)
Molti disordini di ipersensibilità al
cibo non sono IgE mediati ma sono il risultato di varie reazioni
immuno-allergiche dipendenti, secondo la classificazione di Gell e
Coombs, da:
a) anticorpi, di differente isotipo dalle IgE, (cioè di tipo IgG, IgM,
IgA);
b) immunocomplessi, costituiti dagli allergeni alimentari complessati
con gli anticorpi specifici, che andando in circolo possono depositarsi
in qualsiasi organo o tessuto provocandone una lesione e quindi uno
specifico sintomo. Può essere coinvolta anche un’attivazione del
complemento.
c) immunità cellulo-mediata, attraverso reazioni di ipersensibilità
ritardata di tipo IV, con la presenza di linfociti T sensibilizzati che
mediano in vitro una reazione di citotossicità. Solo per alcuni dei
suddetti meccanismi immuni esiste un’evidenza clinica in grado di
correlare una reazione allergica non-IgE-mediata con l’ingestione di un
determinato cibo.
Le forme oggi maggiormente conosciute e studiate di allergie non IgE-mediate sono suddivise nelle seguenti sindromi:
enterocolite indotta da proteine della dieta, proctocolite eosinofila
indotta da proteine della dieta, enteropatia indotta da
proteine della dieta e la maggior parte dei casi
di esofagite, gastrite e gastroenterite eosinofila. La maggior parte di
queste forme allergiche sono rare, colpiscono soggetti in età pediatrica
e sono determinati da una ipersensibilità verso le proteine del latte e
della soia. Il sospetto clinico può però essere confermato tramite il
prelievo, per via endoscopica, di tessuto bioptico che mostra la
presenza di infiltrati leucocitari e specifiche alterazioni istologiche
della mucosa gastrointestinale.
Il Morbo Celiaco rappresenta l’enteropatia ad oggi maggiormente
studiata, determinata da una reazione di ipersensibilità al cibo di tipo
non IgE mediato che colpisce soggetti geneticamente predisposti. Questa
patologia viene slatentizzata dall’introduzione di alimenti come
frumento, orzo, segale, avena, contenenti uno specifico allergene (la
gliadina) che determina una risposta immunitaria di tipo cellulo-mediato
in associazione alla produzione di anticorpi della classe IgA e IgG, in
grado, questi ultimi, di cross-reagire con componenti della parete
intestinale. La malattia quindi assume un carattere di tipo
autoimmunitario.
Oltre ai fattori ambientali, ovvero l’esposizione della gliadina, anche
fattori genetici e immunologici partecipano allo sviluppo della
malattia. Tra i fattori genetici è stato riscontrato che circa il 95%
dei pazienti presenta una maggiore espressione dell’antigene di
istocompatibilità
HLA-DQ2. La risposta immunologica cellulo-mediata a livello mucosale è
considerata l’evento centrale. Infatti gli eventi principali sequenziali
che caratterizzano la malattia celiaca sono:
1) il reclutamento di linfociti T nella mucosa con aumento dei linfociti
T CD4+ intraepiteliali;
2) l’iperplasia delle cripte;
3) l’atrofia dei villi.
Il quadro clinico della malattia è caratterizzato da una gamma
estremamente ampia di possibili presentazioni cliniche.La diagnosi di
laboratorio si basa sulla ricerca degli anticorpi AGA e soprattutto gli
EMA e tTG che hanno una sensibilità superiore al 95% e una specificità
del 100%. Per la diagnosi di certezza questi dati devono però essere
confermati dal prelievo bioptico effettuato tramite una
gastroduodenoscopia, che constata la presenza di atrofia dei villi
intestinali, ipertrofia delle cripte ed infiltrato infiammatorio a
livello della lamina propria. Il morbo celiaco rappresenta un esempio
paradigmatico di reazione di ipersensibilità al cibo non IgE-mediata che
oggi si conosce in quasi tutti i suoi aspetti, eziologici, clinici e
diagnostici. Viceversa, altri tipi di reazioni di ipersensibilità non
IgE mediata sono ancora poco conosciute, tuttavia è possibile definirne
le principali caratteristiche che le distinguono dalle reazioni
allergiche IgE mediate:
ALLERGIE ALIMENTARI
IgE mediate
|
REAZIONI AVVERSE AI CIBI
non IgE mediate
|
Reazione IMMEDIATA
|
Reazione RITARDATA
(fino72 h. dopo )
|
Reazione ACUTA
|
Reazione CRONICA
|
NON DOSE DIPENDENTE
|
DOSE DIPENDENTE
|
ALIMENTI ASSUNTI SPORADICAMENTE
|
ALIMENTI ASSUNTI ANCHE PIU’ VOLTE AL GIORNO
|
IgE
|
TEST
CITOTOSSICI
TEST IMMUNOENZIMATICI (E.L.I.S.A)
|
ORGANI BERSAGLIO DEFINITI
|
QUALSIASI ORGANO-APPARATO
|
Oggigiorno sono però emergenti nuove forme di
allergie alimentari non IgE mediate che, come è descritto in seguito,
determinano spesso un coinvolgimento sistemico e manifestazioni
svariate. Bisogna sottolineare che, a differenza delle forme IgE-mediate, nelle allergie IgE
mediate la sintomatologia compare più tardivamente e risulta quindi più
difficoltosa la correlazione clinica con un’allergia alimentare (vedi
tabella).
C'è da sottolineare che gli allergologi non riescono a dimostrare con
test specifici (nè di laboratorio, ne con la gastroscopia, nè con la
colonscopia) una reazione avversa ai cibi di tipo non IgE
mediato. Eppure il paziente accusa disturbi post-prandiali,
evidentemente legati all'assunzione del cibo. Da una ricerca pubblicata
nel 2007 dal gastroenterologo di Melbourne Peter Gibson la causa dei
disturbi intestinali potrebbe essere imputata a un difetto di
malassorbimento dei carboidrati.
Da un punto di vista clinico le allergie non IgE mediate non si
manifestano immediatamente dopo l’assunzione di un cibo:
i sintomi compaiono fino a 72 ore dopo e possono essere di vario tipo,
coinvolgendo qualsiasi organo ed apparato.
I sintomi sono di tipo diverso, in genere meno acuti, più vaghi e più
diffusi rispetto alle allergie IgE-mediate. Alcuni sono stati documentati da solide ricerche scientifiche, altri segnalati da
più ricercatori, ma non ancora dimostrati.
A livello del SNC l’ipersensisibilità ad un cibo di tipo non-IgE-mediata
può manifestarsi attraverso cefalee ricorrenti, epilessia, sindrome da
iperattività. A livello dell’apparato respiratorio: rinite e asma
bronchiale. A livello cutaneo è possibile invece riscontrare la comparsa
di dermatite atopica o eczema. Il sistema genito-urinario può essere
coinvolto per sintomi da irritazione vescicale tipo pollachiuria o
ancora per irritazioni vaginali. A livello gastrointestinale è possibile
riscontrare la comparsa di meteorismo, aerofagia, nausea, e sintomi
riferibili alla sindrome dell’intestino irritabile.
Questo elenco rappresenta la dimostrazione di come il fenomeno delle
reazioni avverse ai cibi sia molto eterogeneo e possa investire molte
strutture del corpo umano, rendendo difficile lo studio di questo tipo
di manifestazioni.